Alberto Spadolini, detto Spadò, nacque ad Ancona il 19 dicembre 1907 e mostrò presto un temperamento eclettico che lo portò, giovanissimo, da Ancona a Roma dove lavorò come aiuto-scenografo al Teatro degli Indipendenti diretto da Anton Giulio Bragaglia; fu allievo di Giorgio De Chirico e si inserì nel vivace circuito delle avanguardie, frequentando intellettuali come Alberto Moravia e Ivo Pannaggi. Dotato di forte presenza scenica e notevole bellezza, debuttò come attore alla fine degli anni Venti e negli anni Trenta si trasferì a Parigi dove costruì una carriera cosmopolita: danzò con Serge Lifar e condivise il palco con artiste come Mistinguett e Joséphine Baker, con la quale intrecciò una relazione intensa e pubblica; fu apprezzato anche come pittore, scultore, cantante, coreografo, illustratore, sceneggiatore e regista di documentari, esponendo in numerose rassegne europee e ricevendo l’attenzione di critici e artisti come Max Jacob e Jean Cocteau.
Durante la Seconda Guerra Mondiale partecipò ad attività di supporto alla Resistenza antinazista e, nel dopoguerra, proseguì la produzione artistica mantenendo vivi i legami con la scena francese e italiana: nei suoi quadri ricorrono riferimenti alla danza, all’esoterismo e ai paesaggi marchigiani come il Conero. Negli anni successivi si dedicò anche al restauro e alla direzione di locali notturni sulla riviera adriatica; alcune testimonianze e ricerche attribuiscono a Spadolini attività d’intelligence a favore dei servizi occidentali, con racconti sul trasporto di codici nascosti nelle sue opere. Continuò a esibirsi e ad esporre fino ai primi anni Settanta; le ultime mostre documentate risalgono al 1972 a Parigi e Stoccolma. Morì a Parigi il 17 dicembre 1972, lasciando un archivio e un corpus di opere riscoperti e valorizzati a partire dagli anni Duemila, che hanno rivelato la complessità di un artista che fu insieme danzatore, pittore e figura leggendaria della vita mondana e culturale europea.