mercoledì 29 ottobre 2025

CENTENARIO DELL'INTELLIGENCE ITALIANA

 

    Il francobollo italiano emesso nel 2025 per celebrare il Centenario dell’Intelligence Italiana è un’emissione commemorativa di grande valore simbolico e tecnico. Appartenente alla serie tematica “Le eccellenze del sistema produttivo e del Made in Italy”, è stato emesso il 13 ottobre dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy in collaborazione con Poste Italiane. Il valore facciale è pari alla tariffa B, ovvero 1,30 euro. La tiratura è limitata a 200.025 esemplari, distribuiti in fogli da 45 unità. La stampa è stata realizzata dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A. con tecnica rotocalcografica su carta bianca patinata neutra, autoadesiva e arricchita da imbiancante ottico. Il bozzetto è stato curato dall’Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna (AISE) e ottimizzato dal Centro Filatelico dell’Officina Carte Valori. La vignetta mostra in trasparenza lo stemma storico del SISMI, il Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Militare, sovrapposto ai loghi degli attuali organismi del Comparto Intelligence. Il design è sobrio ma ricco di significati, con elementi grafici che evocano riservatezza, analisi e protezione dello Stato. La confezione filatelica include anche un bollettino illustrativo con testi esplicativi redatti da rappresentanti istituzionali, che approfondiscono il ruolo dell’intelligence nella storia repubblicana. 



    Il francobollo commemora i cento anni dalla fondazione del primo Servizio di Intelligence nazionale, il SIM (Servizio Informazioni Militare), istituito nel 1925 con regio decreto per unificare le strutture informative di Esercito, Marina e Aeronautica. Questo atto segnò l’inizio di un sistema coordinato di raccolta e analisi delle informazioni a tutela della sicurezza dello Stato. Nel corso del secolo, l’intelligence italiana ha attraversato fasi cruciali: dalla guerra fredda alla lotta contro il terrorismo, fino alla riforma del 2007 con la legge n. 124, che ha istituito il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica. L’emissione del francobollo non è solo un tributo istituzionale, ma anche un riconoscimento pubblico al lavoro silenzioso e strategico svolto da uomini e donne dell’intelligence. La cerimonia di presentazione ha visto la partecipazione di autorità civili e militari, con interventi che hanno sottolineato l’importanza della cultura della sicurezza e della trasparenza. Il francobollo diventa così un veicolo di memoria e di educazione civica, un piccolo oggetto che racchiude un secolo di storia nazionale e di impegno per la difesa democratica.



ETTORE MAJORANA (1906-?)

 

    Ettore Majorana fu un fisico teorico italiano nato il 5 agosto 1906 a Catania. Dotato di straordinario talento matematico, iniziò gli studi in ingegneria nel 1923, ma nel 1928 passò alla fisica su consiglio di Emilio Segrè. Entrò nel gruppo di Enrico Fermi a Roma, noto come “i ragazzi di via Panisperna”, contribuendo in modo significativo alla fisica teorica. La sua prima pubblicazione, scritta da studente, riguardava la spettroscopia atomica e applicava il modello statistico di Fermi alla struttura atomica. Nel 1931 fu il primo a descrivere il fenomeno dell’autoionizzazione, e nel 1932 pubblicò un lavoro sulla spettroscopia a radiofrequenza, anticipando sviluppi fondamentali in fisica atomica. Nello stesso anno elaborò una teoria relativistica per particelle con momento intrinseco arbitrario, introducendo rappresentazioni infinite del gruppo di Lorentz. Sebbene molti suoi articoli fossero scritti in italiano e trascurati per decenni, contenevano intuizioni rivoluzionarie. Fu il primo a interpretare correttamente gli esperimenti di Joliot-Curie come prova dell’esistenza del neutrone, ma non pubblicò le sue conclusioni, lasciando a James Chadwick il merito della scoperta. Nel 1933 si trasferì a Lipsia per lavorare con Werner Heisenberg, con cui instaurò un rapporto di stima e amicizia. Lavorò anche a Copenaghen con Niels Bohr. Tornato in Italia, divenne sempre più isolato, affetto da gastrite e da esaurimento nervoso. Tra il 1934 e il 1937 pubblicò poco, ma scrisse numerosi appunti su geofisica, ingegneria elettrica, matematica e relatività, conservati oggi alla Domus Galileiana di Pisa. 



    Il suo ultimo articolo, del 1937, propose una teoria simmetrica degli elettroni e positroni, ipotizzando l’esistenza di particelle che sono il proprio antiparticella: i fermioni di Majorana. Questa idea è oggi centrale nella fisica delle particelle e nella ricerca sulla materia oscura.Nel 1938 fu nominato professore ordinario di fisica teorica all’Università di Napoli, senza concorso, per “alta fama di singolare competenza”. Il 25 marzo dello stesso anno scomparve misteriosamente dopo aver acquistato un biglietto da Palermo a Napoli. Scrisse una lettera al direttore dell’Istituto di Fisica, Antonio Carrelli, annunciando una decisione inevitabile, seguita da un telegramma che annullava il viaggio. Non fu mai più visto. Le ipotesi sulla sua scomparsa includono suicidio, fuga in Sud America, ritiro in un monastero, o volontà di sottrarsi alle implicazioni etiche della fisica nucleare. Nel 2015 la Procura di Roma dichiarò che Majorana visse tra il 1955 e il 1959 a Valencia, in Venezuela. Nel 2025, il tribunale civile di Roma ha ufficialmente dichiarato la sua morte presunta, fissandola alla data della scomparsa. Il suo genio è celebrato con il Premio Majorana e con conferenze internazionali, e la sua figura resta avvolta nel mistero, simbolo di genialità e inquietudine scientifica.






IGNAZ PHILIPP SEMMELWEIS (1818-1865)

 

    Ignaz Semmelweis fu un medico ungherese nato il 1º luglio 1818 a Buda, nell’Impero austro-ungarico, oggi Budapest. È considerato il pioniere delle pratiche antisettiche e noto come il “salvatore delle madri” per aver introdotto l’igiene delle mani negli ospedali. Dopo aver studiato legge e poi medicina all’Università di Vienna, si specializzò in ostetricia e nel 1846 fu nominato assistente alla Prima Clinica Ostetrica dell’Ospedale Generale di Vienna. Qui notò che la mortalità per febbre puerperale era molto più alta tra le pazienti visitate dai medici rispetto a quelle assistite dalle ostetriche. Dopo la morte di un collega per setticemia, Semmelweis intuì che la causa era la contaminazione da particelle cadaveriche trasmesse dalle mani dei medici che eseguivano autopsie prima di visitare le pazienti. Introdusse il lavaggio delle mani con soluzione di calce clorata, riducendo drasticamente la mortalità dal 18% a meno del 2%. Tuttavia, le sue scoperte furono respinte dalla comunità medica, che non accettava l’idea che i medici potessero essere veicolo di infezione. 



    Semmelweis non riuscì a fornire una spiegazione teorica, poiché la teoria dei germi non era ancora accettata. Fu osteggiato, licenziato e costretto a tornare a Budapest, dove continuò a promuovere le sue pratiche con successo, ma senza ottenere riconoscimento. Nel 1861 pubblicò il suo principale lavoro, “L’eziologia, il concetto e la profilassi della febbre puerperale”, ma fu ignorato. Frustrato e isolato, iniziò a scrivere lettere accusatorie ai colleghi, e nel 1865 fu internato in un manicomio, dove morì due settimane dopo per setticemia, probabilmente causata da una ferita infetta. Solo dopo la sua morte, grazie agli studi di Pasteur e Lister, le sue intuizioni furono riconosciute. Oggi Semmelweis è celebrato come un eroe della medicina moderna, e il suo nome è associato al principio della prevenzione attraverso l’igiene.




martedì 28 ottobre 2025

NINO FARINA (1906-1966)

 

    Giuseppe “Nino” Farina, nato a Torino nel 1906, fu il primo campione del mondo di Formula 1 nel 1950, anno in cui vinse anche il primo Gran Premio della storia a Silverstone, partendo dalla pole e segnando il giro più veloce. Laureato in Scienze Politiche, proveniva da una famiglia legata all’automobilismo: il padre Giovanni fondò gli Stabilimenti Farina, mentre lo zio era Battista “Pinin” Farina. Esordì nelle corse nel 1925, ma fu nel 1936 che Enzo Ferrari lo volle nella sua scuderia, dove ottenne importanti risultati come il secondo posto alla Mille Miglia. Inizialmente noto per uno stile di guida aggressivo, fu Tazio Nuvolari a insegnargli la disciplina necessaria per diventare un campione. Nel 1937 vinse il Gran Premio di Napoli e nel 1938 fu secondo al Gran Premio d’Italia. Dopo la guerra, tornò alle corse vincendo nel 1946 il Gran Premio delle Nazioni. Nel 1948 trionfò a Monaco e al Circuito del Garda, ottenendo anche la prima vittoria in assoluto per la Ferrari. 



    Nel 1950, con l’Alfa Romeo 158, vinse tre dei sei Gran Premi disputati, conquistando il titolo mondiale con 30 punti. Continuò a correre fino al 1955 con Alfa Romeo e Ferrari, ottenendo altre vittorie e podi, ma senza replicare il successo del 1950. Fu coinvolto in incidenti tragici, come quello al Gran Premio d’Argentina del 1953, dove morirono dieci spettatori. Partecipò anche a gare endurance come la 1000 km del Nürburgring e la 24 Ore di Spa, vincendo in coppia con Ascari. Tentò la 500 Miglia di Indianapolis nel 1956 e 1957, ma senza qualificarsi. Fu noto anche per il suo stile di vita eccentrico, come l’abitudine di correre con un sigaro in bocca. Morì nel 1966 in un incidente stradale nei pressi di Aiguebelle, in Francia, mentre si recava al Gran Premio di Francia. È sepolto al Cimitero Monumentale di Torino. Farina rimane una figura leggendaria per essere stato il primo a conquistare il titolo mondiale nella storia della Formula 1.




ISO ISETTA (1953-1962)

 

    L’Iso Isetta è una microvettura prodotta dalla Iso di Bresso tra il 1953 e il 1956 e successivamente dalla BMW su licenza fino al 1962. Fu progettata da Ermenegildo Preti e Pierluigi Raggi con l’obiettivo di creare un’auto compatta, confortevole e razionale. Il primo prototipo, realizzato nel 1952, presentava una carrozzeria a forma d’uovo, un portellone frontale incernierato e una meccanica derivata da motocicli. Inizialmente dotata di tre ruote, si passò a quattro con le posteriori ravvicinate per evitare l’uso del differenziale. Il motore era un monocilindrico a due tempi da 198 cm³, poi portato a 236 cm³ con 9,5 CV. La vettura definitiva fu presentata nel 1953 al Salone di Torino, suscitando stupore per il design simile a una cabina di elicottero. L’accesso avveniva tramite il portellone frontale solidale al piantone dello sterzo, facilitando l’ingresso. L’abitacolo ospitava due persone su una panchetta, con il motore e un piccolo vano bagagli dietro. La vetratura ampia garantiva ottima visibilità, e il tetto in tela era apribile. 



    La meccanica includeva un telaio tubolare, sospensioni anteriori indipendenti con tamponi in gomma, posteriori a balestra, freni idraulici e trazione posteriore. Nonostante la partecipazione alla Mille Miglia, le vendite in Italia furono scarse, forse per il prezzo vicino a quello della Fiat Topolino. Nel 1954, BMW acquisì la licenza e presentò la BMW 250 nel 1955, con motore monocilindrico a quattro tempi da 245 cm³ e 12 CV. La versione tedesca introdusse modifiche al telaio, sospensioni e impianto frenante. Nel 1956 arrivò la BMW 300 con motore da 297 cm³ e 13 CV. Le versioni Export, più rifinite, sostituirono le Standard nel 1957. Con l’avvento della BMW 600 e 700, le vendite dell’Isetta calarono, ma continuarono fino al 1962. L’Isetta fu prodotta anche in Brasile (Romi) e Francia (VELAM), con varianti pick-up e cabriolet. Negli USA, fu adattata con fari maggiorati e protezioni contro gli agenti atmosferici. Nel 2023, la Microlino, quadriciclo elettrico italiano, ha ripreso il design dell’Isetta.




ANCHE IL LEONE DI SAN MARCO A VENEZIA E' CINESE !

 

    Simbolo di Venezia da oltre 750 anni, il celebre leone che si erge sulla colonna in Piazza San Marco sarebbe in realtà di provenienza cinese. Lo rivelano le accurate analisi che un team diretto da Massimo Vidale, dell'Università di Padova, ha eseguito sul bronzo che compone la statua. Le tracce di piombo presenti nel manufatto indicano infatti che la materia prima usata per forgiare il leone proviene dalla regione del Fiume Azzurro, ricchissima di minerali utilizzati da millenni dagli scultori e dagli artigiani cinesi. 



    Inoltre, certe caratteristiche della statua, come la criniera e le orecchie a punta, richiamano quelle degli zhènmushòu, i guardiani delle tombe che venivano posti a protezione dei sepolcri dei nobili e dei re, durante la dinastia Tang (618-907 d.C.). Sulla Via della seta. Secondo lo studio, pubblicato sulla rivista Antiquity, il leone di San Marco fu portato in Italia, lungo l'antica Via della seta, da Niccolò e Maffeo Polo, rispettivamente padre e zio del più celebre Marco, che avevano visitato Pechino e la corte mongola fra il 1264 e il 1266.



lunedì 27 ottobre 2025

DECENNALE DEL CODEX PURPUREUS ROSSANENSIS NEL PATRIMONIO UNESCO

 

    Il francobollo italiano emesso il 9 ottobre 2025 in occasione della Giornata Mondiale della Posta celebra il Codex Purpureus Rossanensis, uno dei più antichi e preziosi manoscritti miniati del Nuovo Testamento. L’emissione rientra nella serie tematica “Le eccellenze del patrimonio culturale italiano” ed è stata promossa dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Il francobollo ha valore tariffario “B” e una tiratura limitata di 204.000 esemplari. Il bozzetto, curato dal Centro Filatelico di Poste Italiane, riproduce la celebre Tavola dei Canoni delle Concordanze con i ritratti dei quattro evangelisti, considerata il frontespizio originario del manoscritto. La vignetta è incorniciata dalla legenda “CODEX PURPUREUS ROSSANENSIS”, dalla scritta “ITALIA” e dall’indicazione tariffaria. Il francobollo è stampato in rotocalcografia su carta bianca patinata autoadesiva, con formato rettangolare e bordo dentellato. Sul retro è presente un codice a barre identificativo, posizionato in alto a destra, che ne certifica l’autenticità e ne facilita la catalogazione. Il foglio di emissione contiene venticinque esemplari, accompagnati da una scheda illustrativa che ne descrive il significato culturale e tecnico. 



    L’iniziativa ha incluso anche una cerimonia ufficiale presso il Museo Diocesano e del Codex di Corigliano-Rossano, dove il manoscritto è conservato. Il Codex Purpureus Rossanensis è un evangelario greco del VI secolo, scritto in onciale su pergamena tinta di porpora, con testi in oro e argento. È composto da 188 fogli e contiene i Vangeli di Matteo e Marco, con miniature di straordinaria bellezza e valore teologico. Il manoscritto è stato riconosciuto nel 2015 come patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, entrando nella lista “Memory of the World”. La sua importanza risiede non solo nella rarità del supporto e nella qualità artistica, ma anche nel suo ruolo di testimonianza della diffusione del cristianesimo nel Mediterraneo orientale. Il francobollo del 2025 celebra il decennale di questo riconoscimento, sottolineando il valore universale del Codex come ponte tra culture, epoche e linguaggi. L’emissione filatelica diventa così veicolo di memoria, bellezza e identità, rendendo omaggio a un capolavoro che ha attraversato i secoli per giungere fino a noi. 



SAVOIA MARCHETTI S 55 (1923-1945)

 

    Il Savoia-Marchetti S.55 fu un idrovolante bimotore a doppio scafo progettato da Alessandro Marchetti e prodotto dall’azienda italiana Savoia-Marchetti a partire dal 1923. Caratterizzato da una configurazione innovativa con motori contrapposti, uno traente e uno spingente, montati su una struttura sopra le ali, il velivolo evitava problemi di imbardata e dissimmetria di spinta. La struttura a doppio scafo, realizzata con una cellula galleggiante, garantiva stabilità anche in condizioni critiche. Inizialmente respinto dalla commissione dell’Aviazione per la sua audacia progettuale, fu successivamente rivalutato e adottato dalla Regia Aeronautica. Entrato in servizio nel 1926, fu impiegato in missioni di bombardamento, ricognizione e salvataggio, distinguendosi per le sue prestazioni: velocità massima di 282 km/h, autonomia di 4500 km e tangenza di 5000 metri. Armato con quattro mitragliatrici Lewis da 7,7 mm e fino a 1000 kg di bombe o un siluro, fu protagonista di celebri trasvolate oceaniche. Tra queste, il volo del “Santa Maria” nelle Americhe con Francesco De Pinedo, Carlo Del Prete e Vitale Zacchetti, e la Crociera del Decennale del 1933, con 24 S.55X in formazione da Orbetello a Chicago, guidata da Italo Balbo. 



    Le versioni prodotte includevano il S.55 originale, il S.55A per la crociera Italia-Brasile, il S.55C civile per Aero Espresso Italiana, il S.55M con parti metalliche, il S.55P con scafo allargato per 10 passeggeri, e le varianti con scafo allargato e allargatissimo. La versione S.55X, dedicata al decennale della Regia Aeronautica, montava motori Isotta Fraschini Asso 750 da 930 CV, eliche tripala metalliche a passo variabile, radiatori aerodinamici e strumentazione avanzata, tra cui girodirezionale Sperry, sestante Salmoiraghi e radiogoniometro Telefunken. Utilizzato anche dalla Romania e da compagnie civili italiane e sovietiche, l’unico esemplare superstite è il “Jahù”, versione C, esposto al Museu TAM di São Carlos, in Brasile, protagonista della trasvolata del Sud Atlantico nel 1927. Il S.55 rappresenta un’icona dell’ingegneria aeronautica italiana tra le due guerre mondiali.




ANN MARGRET (1941)

 

    Ann-Margret Olsson, nata il 28 aprile 1941 a Valsjöbyn, in Svezia, è un’attrice e cantante svedese naturalizzata statunitense, celebre per una carriera che abbraccia oltre sette decenni. Trasferitasi negli Stati Uniti nel 1946 con la madre per raggiungere il padre emigrato, ottenne la cittadinanza americana nel 1949. Fin da giovane mostrò talento nella danza, sostenuta dai genitori, e iniziò a esibirsi in programmi televisivi e spettacoli teatrali. Dopo aver frequentato la New Trier High School, si unì al gruppo musicale Suttletones, esibendosi a Las Vegas, dove fu notata da George Burns. Firmò un contratto con la 20th Century Fox nel 1961 e debuttò nel film Pocketful of Miracles, vincendo il Golden Globe come miglior attrice esordiente. La sua carriera cinematografica proseguì con successi come Bye Bye Birdie, Viva Las Vegas accanto a Elvis Presley, Carnal Knowledge con Jack Nicholson, Tommy, Grumpy Old Men e Any Given Sunday. Ottenne due nomination agli Oscar e vinse cinque Golden Globe. Parallelamente, sviluppò una carriera musicale con RCA Victor, pubblicando album come And Here She Is... e Beauty and the Beard. 



    La sua voce contralto e il paragone con Elvis le valsero popolarità, e nel 1962 fu candidata al Grammy come miglior artista emergente. Negli anni ’70 e ’80 si dedicò anche alla televisione, vincendo premi per le sue interpretazioni in film come Who Will Love My Children? e A Streetcar Named Desire. Dopo un grave incidente nel 1972 durante uno spettacolo a Lake Tahoe, subì un intervento chirurgico al volto ma tornò presto sul palco. Sposò Roger Smith nel 1967, con cui rimase fino alla sua morte nel 2017. Fu legata sentimentalmente a Elvis Presley e Burt Sugarman. Appassionata di motociclismo, subì un incidente nel 2000. Continuò a lavorare in film e serie TV fino agli anni 2020, ricevendo un Emmy nel 2010 per Law & Order: SVU. Nel 2023 ha pubblicato l’album Born to Be Wild. La sua fede cristiana è centrale nella sua vita, e nel 2022 ha ricevuto una laurea honoris causa dall’Università del Nevada. Ha lasciato un’impronta indelebile nel cinema, nella musica e nella televisione americana.



domenica 26 ottobre 2025

SANTA GEMMA GALGANI (1878-1903)

 

    Gemma Galgani nacque il 12 marzo 1878 a Camigliano, in provincia di Lucca, in una famiglia benestante e profondamente religiosa. Rimasta orfana di madre a soli sette anni, fu cresciuta dal padre Enrico, farmacista, e dai suoi numerosi fratelli. Fin da piccola mostrò una spiccata inclinazione alla preghiera e alla devozione, frequentando le Suore Oblate dello Spirito Santo dove ricevette un’educazione religiosa e scolastica. La sua vita fu segnata da numerose sofferenze: perse diversi fratelli, tra cui Gino, al quale era molto legata, e visse la rovina economica della famiglia, che la costrinse a vivere in condizioni di estrema povertà. Dopo la morte del padre, fu accolta dalla famiglia Giannini, che le offrì ospitalità e assistenza. In questo ambiente Gemma visse gli ultimi anni della sua vita, dedicandosi intensamente alla preghiera e alla penitenza. Fu seguita spiritualmente da monsignor Giovanni Volpi e dal passionista Germano Ruoppolo, che divenne suo padre spirituale e biografo. 



    Gemma ebbe esperienze mistiche intense, tra cui visioni di Gesù, Maria e San Gabriele dell’Addolorata, e ricevette le stigmate. Tentò di entrare in diversi ordini religiosi, ma fu sempre respinta per motivi di salute. Affetta da tubercolosi, morì l’11 aprile 1903 a soli 25 anni in via della Rosa a Lucca. Dopo la sua morte, fu costruito un monastero passionista a Lucca, dove oggi riposano le sue spoglie. Fu beatificata nel 1933 da papa Pio XI e canonizzata nel 1940 da papa Pio XII. La sua figura è legata profondamente alla spiritualità passionista, pur non essendo mai entrata formalmente nell’ordine. È ricordata per la sua profonda umiltà, la dedizione alla sofferenza e l’amore per Cristo. La sua autobiografia, scritta su richiesta di padre Germano, testimonia la sua intensa vita spirituale e le lotte contro il demonio, che secondo la tradizione le lasciava segni fisici. La sua memoria liturgica è celebrata l’11 aprile dalla Chiesa universale e il 16 maggio dalla Congregazione passionista e dall’arcidiocesi di Lucca.




BATTAGLIA DI ANCONA (1944)

 

    La battaglia di Ancona, combattuta tra il 16 giugno e il 18 luglio 1944, fu un'importante operazione militare della Seconda guerra mondiale che vide protagonista il II Corpo d'armata polacco, guidato dal generale Władysław Anders, affiancato da truppe italiane del Corpo Italiano di Liberazione e dai partigiani della Brigata Maiella. L'obiettivo era la conquista del porto di Ancona, fondamentale per garantire agli Alleati un punto di rifornimento sull'Adriatico, poiché i porti di Napoli e Brindisi risultavano troppo lontani dal fronte. Il II Corpo polacco, parte dell’Ottava Armata britannica, era composto da circa 43.000 uomini, tra cui due divisioni di fanteria, una brigata corazzata e unità di supporto, inclusi reparti femminili. La fase preliminare della battaglia iniziò con l’attraversamento del fiume Chienti il 21 giugno, dove si verificarono intensi scontri fino al 30 giugno. Inaspettatamente, le divisioni tedesche 71ª e 278ª si ritirarono verso il fiume Musone, dove si attestò una nuova linea difensiva. Nei primi giorni di luglio si combatterono duramente battaglie a Filottrano e Osimo, quest’ultima sede del potere fascista locale dopo i bombardamenti su Ancona dell’ottobre 1943. 



    L’offensiva decisiva partì il 17 luglio con una manovra di accerchiamento da nord, culminata nella conquista del Monte della Crescia e delle località di Agugliano, Offagna e Chiaravalle. Le truppe corazzate polacche raggiunsero il mare nella zona delle Torrette per bloccare la ritirata tedesca verso la Linea Gotica. Il 18 luglio alle 14:30, i polacchi entrarono ad Ancona attraverso Porta Santo Stefano. L’operazione fu l’unica condotta autonomamente dal II Corpo polacco in Italia. La collaborazione con le forze italiane fu decisiva: il CIL, guidato dal generale Umberto Utili, e i partigiani della Maiella contribuirono attivamente, così come la 111ª Compagnia Difesa Ponti e il IX Reparto d’Assalto, che ruppe la linea tedesca sul Musone. Dopo la liberazione, Ancona vide una rapida riorganizzazione amministrativa sotto la guida di Carlo Albertini, comandante dei Vigili del Fuoco, che aveva già operato durante i bombardamenti alleati che causarono 2782 morti e 58.000 sfollati. Il generale Anders ricevette la cittadinanza onoraria di Ancona nel dicembre 1945 e la battaglia è commemorata nel Monumento al milite ignoto di Varsavia insieme a Montecassino.




GIUSEPPE GALLIANO (1846-1896)

 

    Giuseppe Galliano nacque a Vicoforte nel 1846 e intraprese la carriera militare seguendo le orme del padre, ufficiale coinvolto nei moti costituzionali del 1821. Entrato nel Collegio Militare di Asti nel 1854, proseguì la formazione alla Scuola Militare di Modena, da cui uscì nel 1866 come sottotenente di fanteria, partecipando alla Terza guerra d’indipendenza con il 24º Reggimento “Como”. Nel 1873 passò agli Alpini, rimanendovi fino al 1883, quando fu promosso capitano e trasferito al 58º Reggimento “Abruzzi”, poi all’82º “Torino”. Nel 1887 partì per l’Eritrea con il Corpo di Rinforzo per vendicare l’eccidio di Dogali, ma l’operazione si concluse senza scontri. Tornato in Italia, ottenne nel 1890 di rientrare in Eritrea. Durante la battaglia di Agordat nel 1893, al comando di un battaglione e di una batteria di artiglieria indigena, fronteggiò i Dervisci. Dopo una ritirata forzata, guidò un contrattacco alla baionetta che ribaltò le sorti dello scontro, recuperando i pezzi d’artiglieria persi. Per questo atto ricevette la Medaglia d’Oro al Valor Militare. 



    Nel 1895, nella battaglia di Coatit, contribuì in modo decisivo alla vittoria italiana contro le truppe del Ras Mangascià, ottenendo una Medaglia d’Argento e la Croce di Cavaliere dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. Nello stesso anno, durante l’assedio del forte di Macallè, resistette per oltre due mesi con 1300 uomini contro l’esercito abissino di Menelik II. Nonostante le gravi perdite e la scarsità di risorse, rifiutò la resa e solo l’intervento diplomatico pose fine all’assedio. Per questa impresa fu promosso tenente colonnello e ricevette un’altra Medaglia d’Argento. Nel 1896 partecipò alla battaglia di Adua, dove morì eroicamente sul Monte Rajo, combattendo fino all’ultimo con i suoi ascari. Per il suo sacrificio fu insignito postumo di una seconda Medaglia d’Oro al Valor Militare, diventando uno dei pochi a riceverla due volte. A Ceva, dove risiedeva, gli furono dedicati un monumento, una scuola e un museo. Il suo nome fu anche scelto per un celebre liquore creato nel 1896 da Arturo Vaccari. Galliano è ricordato come uno dei più valorosi ufficiali italiani del XIX secolo.




sabato 25 ottobre 2025

CENTENARIO DEL CORRIERE DELLO SPORT


    In occasione del centenario del quotidiano sportivo “Corriere dello Sport”, è stato emesso un francobollo commemorativo appartenente alla serie tematica “Le eccellenze del sistema produttivo e del Made in Italy”. L’emissione è avvenuta il 30 settembre 2025, con una cerimonia ufficiale a Palazzo Piacentini a Roma, alla presenza del Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso e del direttore del giornale Ivan Zazzaroni. Il francobollo ha valore indicato con la lettera B, corrispondente a €1,30, ed è stato stampato in 250.000 esemplari. Le dimensioni sono di 30 x 40 mm, con dentellatura 11 ottenuta tramite fustellatura. La carta utilizzata è bianca, patinata neutra, autoadesiva, con imbiancante ottico. La vignetta raffigura un particolare della prima pagina storica del quotidiano che celebrava la vittoria della Nazionale italiana ai Mondiali del 1982, un momento iconico per lo sport italiano. Il bozzetto è stato realizzato in collaborazione con l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, e il francobollo è accompagnato da un annullo speciale che riprende il logo del giornale. 



    Fondato nel 1924, il Corriere dello Sport è uno dei principali quotidiani sportivi italiani, con una storia ricca di eventi, personaggi e trasformazioni editoriali. Ha raccontato le imprese degli atleti italiani, le evoluzioni del calcio, del ciclismo, della Formula 1 e di molte altre discipline, diventando un punto di riferimento per generazioni di lettori. Il centenario è stato celebrato con eventi in tutta Italia, culminando in un talk al Teatro San Carlo di Napoli, città che sarà Capitale Europea dello Sport nel 2026. Tra gli ospiti dell’evento, figure emblematiche come Gianluigi Buffon, Adriano Galliani, Angelo Binaghi e Ferdinando De Giorgi hanno condiviso testimonianze e riflessioni sul valore dello sport nella società italiana. Il francobollo non solo celebra un secolo di giornalismo sportivo, ma riconosce il contributo del Corriere dello Sport alla costruzione dell’identità collettiva nazionale, attraverso lo sport come linguaggio universale di passione, competizione e orgoglio.



CARLO I IMPERATORE D'AUSTRIA E UNGHERIA (1887-1922)


    Carlo I d’Austria, nato nel 1887 a Persenbeug, fu l’ultimo imperatore d’Austria e re d’Ungheria, salito al trono nel 1916 durante la Prima guerra mondiale, dopo la morte del suo prozio Francesco Giuseppe. Cresciuto in un ambiente cattolico e conservatore, ricevette un’educazione militare e politica che lo preparò alla leadership, anche se non era inizialmente destinato al trono. La sua ascesa fu accelerata dalla morte prematura dell’arciduca Francesco Ferdinando, assassinato a Sarajevo nel 1914. Durante il suo regno, Carlo cercò di porre fine al conflitto mondiale attraverso negoziati segreti con gli Alleati, noti come l’Affare Sixtus, ma questi tentativi fallirono e indebolirono la sua posizione politica. Internamente, affrontò crescenti tensioni nazionalistiche e sociali, con l’Impero austro-ungarico ormai prossimo alla disgregazione. Dopo la fine della guerra e la dissoluzione dell’Impero nel 1918, Carlo non abdicò formalmente ma rinunciò all’esercizio del potere, sperando in una futura restaurazione. 



    Tentò due volte di restaurare la monarchia in Ungheria nel 1921, ma fu respinto dal reggente Miklós Horthy e costretto all’esilio sull’isola di Madeira, dove visse in condizioni modeste con la moglie Zita e i figli. Morì nel 1922 a soli 34 anni per una grave polmonite, sopportata con grande fede e dignità. La sua figura è ricordata per il suo impegno pacifista, la sua profonda fede cattolica e il desiderio di giustizia sociale. Nel 2004 è stato beatificato dalla Chiesa cattolica, che lo considera un modello di sovrano cristiano. La sua vita è oggetto di studi storici e spirituali, e la sua memoria è mantenuta viva da associazioni monarchiche e religiose. Carlo è sepolto nella chiesa di Monte a Madeira, e la sua causa di canonizzazione è ancora in corso. La sua eredità è complessa: da un lato rappresenta il fallimento dell’ultimo tentativo di salvare l’Impero, dall’altro incarna l’ideale di un sovrano giusto e devoto in tempi di crisi. La sua figura è celebrata in Austria e Ungheria, dove è considerato un simbolo di speranza, riconciliazione e fede.




STORIA DEL CAPPELLO A CILINDRO

 

    Il cilindro, noto anche come top hat, è un cappello alto e a corona piatta, tradizionalmente associato all’abbigliamento formale occidentale come il tight, il frac o la redingote. Nato alla fine del XVIII secolo, inizialmente in feltro di castoro e successivamente in seta nera o grigia, il cilindro divenne simbolo di eleganza urbana per le classi medio-alte. Introdotto intorno al 1790, sostituì progressivamente il tricorno e il bicorno, diventando comune nel XIX secolo. Il suo uso si estese a tutte le classi sociali, persino ai lavoratori, e fu adottato da poliziotti e postini per conferire autorevolezza. La versione pieghevole, nota come cappello da opera o gibus, fu inventata nel XIX secolo per comodità. Durante il XIX secolo, il cilindro raggiunse forme estreme con corone molto alte e tese strette, come il modello “stovepipe” reso celebre da Abraham Lincoln. Il principe Alberto contribuì alla sua diffusione, rendendolo simbolo di rispettabilità borghese. Dopo la Prima Guerra Mondiale, l’introduzione dell’abito nero semi-formale e dei completi informali portò al declino del cilindro, confinandolo a cerimonie ufficiali, diplomazia e alta società. 



    Oggi è indossato in occasioni speciali come matrimoni, funerali, corse ippiche e cerimonie accademiche. È parte dell’uniforme di alcune istituzioni britanniche e simbolo di personaggi come Uncle Sam e il Monopoly Man. In ambito massonico, il Maestro Venerabile può indossarlo come segno di autorità. Alcune sinagoghe mantengono la tradizione del cilindro per le festività. La sua costruzione richiede materiali pregiati come la seta “plush” o il feltro di pelliccia, e tecniche artigianali complesse. Il mercato dei cilindri vintage è vivace, con pezzi rari e costosi. Il cappello da opera, pieghevole grazie a molle e nervature, fu brevettato nel 1812 e divenne popolare nei teatri. Il cilindro, pur essendo oggi raro, conserva il suo fascino come emblema di raffinatezza e tradizione.




giovedì 23 ottobre 2025

MARY ANNING (1799-1847)

 

    Mary Anning, nata nel 1799 a Lyme Regis, nel Dorset, fu una paleontologa autodidatta che rivoluzionò la comprensione della vita preistorica grazie alle sue scoperte lungo le scogliere della costa giurassica inglese. Cresciuta in una famiglia povera e dissidente religiosa, imparò a leggere e scrivere frequentando la scuola domenicale congregazionalista. Fin da bambina accompagnava il padre, falegname e cercatore di fossili, nelle spedizioni lungo le scogliere, dove raccoglievano reperti da vendere ai turisti. Dopo la morte del padre nel 1810, Mary e il fratello Joseph continuarono l’attività, scoprendo nel 1811 il primo scheletro completo di ittiosauro, che suscitò grande interesse scientifico. Negli anni successivi, Mary trovò due scheletri quasi completi di plesiosauro, il primo pterosauro fuori dalla Germania e numerosi fossili di pesci. Le sue osservazioni portarono all’identificazione dei coproliti come feci fossili e alla scoperta di sacche d’inchiostro fossilizzate nei belemniti. 



    Nonostante la sua competenza, fu esclusa dalla Geological Society di Londra per il suo sesso e la sua classe sociale, e spesso non ricevette credito per le sue scoperte. Tuttavia, fu consultata da geologi di fama come Buckland, De la Beche e Agassiz, e mantenne corrispondenza con studiosi come Charles Lyell. Nel 1826 aprì il suo negozio, Anning’s Fossil Depot, che divenne meta di scienziati europei e americani. Nel 1830, Henry De la Beche le dedicò la stampa di Duria Antiquior, basata sui suoi fossili, per aiutarla economicamente. Ricevette una pensione statale nel 1835 grazie all’intercessione di Buckland. Morì nel 1847 di cancro al seno e fu sepolta nella chiesa di St Michael a Lyme Regis. Dopo la sua morte, la Geological Society le dedicò una vetrata commemorativa e un elogio ufficiale, onori riservati solo ai membri maschi. La sua figura fu riscoperta nel tempo, diventando simbolo di tenacia e contributo femminile alla scienza, e le sue scoperte sono oggi fondamentali per la paleontologia.



LEO HENDRIK BAEKELAND (1863-1944)

 

    Leo Hendrik Baekeland, nato a Gand nel 1863, fu un chimico belga naturalizzato statunitense, noto per aver rivoluzionato l’industria della plastica. Figlio di un calzolaio e di una domestica, si distinse fin da giovane per le sue capacità accademiche, ottenendo il dottorato in chimica all’Università di Gand a soli 21 anni. Dopo aver insegnato a Bruges e Gand, nel 1889 si trasferì negli Stati Uniti con la moglie Céline Swarts, dove iniziò a collaborare con l’industria fotografica. Dopo un primo brevetto per lo sviluppo di lastre fotografiche, perfezionò la carta fotografica Velox, che consentiva stampe con luce artificiale. Fondò la Nepera Chemical Company e nel 1899 vendette l’azienda a George Eastman di Kodak per 750.000 dollari, ottenendo una notevole indipendenza economica. Con i proventi acquistò una villa a Yonkers, dove allestì un laboratorio privato. Vincolato da un accordo a non lavorare più nel settore fotografico, si dedicò alla ricerca in elettrochimica e collaborò con la Hooker Chemical Company per migliorare il processo cloro-alcali. 



    La sua svolta arrivò nel 1907, quando inventò la bachelite, la prima plastica sintetica termoindurente, ottenuta dalla reazione tra fenolo e formaldeide. Questo materiale, resistente al calore e agli agenti chimici, fu utilizzato in numerosi settori, dagli isolanti elettrici agli oggetti di uso quotidiano. Baekeland brevettò il processo nel 1909 e fondò la General Bakelite Company nel 1910. Nel 1922, la sua azienda fu fusa con altre due per formare la Bakelite Corporation. Ricevette numerosi riconoscimenti, tra cui la Medaglia Perkin e la Medaglia Franklin, e fu eletto membro della National Academy of Sciences. Negli ultimi anni si ritirò a Coconut Grove, Florida, dove cercò di creare un giardino tropicale. Morì nel 1944 a Beacon, New York, e fu sepolto nel cimitero di Sleepy Hollow. La sua invenzione segnò l’inizio dell’era della plastica, con oltre 15.000 prodotti realizzati in bachelite al momento della sua morte.




GIOVAMBATTISTA MORGAGNI (1682-1771)

 

    Giovanni Battista Morgagni, nato a Forlì nel 1682 e morto a Padova nel 1771, è considerato il fondatore dell’anatomia patologica moderna. Orfano di padre a sette anni, fu educato dalla madre che gli insegnò il latino e lo avviò agli studi umanistici. A 14 anni entrò nell’Accademia dei Filergiti di Forlì, dove studiò matematica, archeologia e astronomia. A 16 anni si iscrisse all’Università di Bologna per studiare medicina, seguendo le lezioni di Ippolito Albertini e Antonio Maria Valsalva, erede scientifico di Marcello Malpighi. Morgagni non inventò il metodo anatomo-clinico, ma lo perfezionò e sistematizzò, raccogliendo osservazioni cliniche e autoptiche in un diario che mantenne per tutta la vita. Laureatosi nel 1701, collaborò con Valsalva all’ospedale di Santa Maria della Morte e contribuì alla stesura del De aure humana tractatus. Nel 1704 divenne presidente dell’Accademia degli Inquieti, dove promosse l’indagine sperimentale. Nel 1706 pubblicò gli Adversaria anatomica, che gli valsero fama internazionale. Dopo contrasti con Giovanni Girolamo Sbaraglia, si trasferì a Venezia, dove frequentò ambienti scientifici e collaborò con Zanichelli e Santorini. 



    Nel 1711 ottenne la cattedra di medicina teorica a Padova, grazie all’intercessione di Giovanni Maria Lancisi e Lorenzo Tiepolo. Nel 1712 sposò Paola Vergeri, ottenendo la nobiltà romana per poterla sposare. Ebbero numerosi figli, tra cui Fabrizio e Agostino. Nel 1715 ricevette la cattedra di anatomia, succedendo a Molinetto. La sua orazione inaugurale sottolineò l’importanza dell’anatomia per comprendere la malattia. Fu membro di prestigiose accademie europee e nel 1761 pubblicò la sua opera più importante, De sedibus et causis morborum per anatomen indagatis, che stabilì la correlazione tra lesioni anatomiche e sintomi clinici, segnando l’inizio della patologia d’organo e il superamento dell’umoralismo. Descrisse per primo la cirrosi epatica e numerose strutture anatomiche che portano il suo nome, come il ventricolo di Morgagni e l’idatide di Morgagni. Morì nel 1771 a Padova e fu sepolto nella Chiesa di San Massimo. La sua biblioteca di 5.000 volumi fu acquistata dall’Università di Padova. Morgagni fu anche latinista, botanico, archeologo e storico, e la sua eredità scientifica è celebrata in numerose istituzioni italiane che portano il suo nome.




martedì 21 ottobre 2025

CENTENARIO NASCITA DI SILVANA PAMPANINI

 

    Il 25 settembre 2025 è stato emesso dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy un francobollo ordinario appartenente alla serie tematica “Le eccellenze del patrimonio culturale italiano”, dedicato a Silvana Pampanini nel centenario della sua nascita. Il francobollo ha valore di tariffa B, pari a 1,30 euro, ed è stato stampato dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A. con tecnica offset su carta bianca, patinata neutra, autoadesiva, con imbiancante ottico, e grammatura di 90 g/m². La dentellatura è 11, ottenuta tramite fustellatura, e le dimensioni del francobollo sono 30 x 40 mm. La tiratura è di 200.025 esemplari, distribuiti in fogli da 45 unità. Il bozzetto è stato realizzato da Santo Errico della Scuola dell’Arte della Medaglia. La vignetta raffigura un ritratto di Silvana Pampanini, con una pellicola cinematografica stilizzata in alto a destra, simbolo della settima arte. Completano il francobollo la legenda “SILVANA PAMPANINI”, le date “1925 – 2016”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”. L’emissione è accompagnata da annulli speciali e folder filatelici che ne celebrano il valore artistico e commemorativo. 



    Silvana Pampanini è stata una delle figure più iconiche del cinema italiano del Novecento. Nata a Roma nel 1925, si affermò come attrice versatile, capace di passare con naturalezza dalla commedia al dramma, lavorando con registi e attori di fama internazionale. La sua carriera esplose negli anni ’50, periodo in cui divenne una vera diva, amata dal pubblico per la sua bellezza e il suo carisma. Fu protagonista di numerosi film di successo, tra cui “O.K. Nerone”, “La presidentessa” e “La bella di Roma”, e contribuì a definire l’immaginario femminile dell’epoca. Oltre al talento artistico, Pampanini fu anche una figura di spicco nella società italiana, partecipando attivamente alla vita culturale e mondana. Il francobollo emesso nel 2025 celebra non solo la sua carriera cinematografica, ma anche il suo ruolo nella storia del costume italiano, riconoscendola come eccellenza del patrimonio culturale nazionale. L’emissione nel centenario della nascita rappresenta un tributo alla sua memoria e alla sua influenza duratura nel panorama artistico italiano.



ANN HARDING (1902-1981)

 

   Ann Harding, nata Dorothy Walton Gatley il 7 agosto 1902 a San Antonio, Texas, fu un'attrice americana di teatro, cinema, radio e televisione. Cresciuta a East Orange, New Jersey, frequentò la East Orange High School e successivamente il Bryn Mawr College. Inizialmente impiegata come segretaria presso la Metropolitan Life Insurance Company, sviluppò una dizione impeccabile che la portò a lavorare come analista di sceneggiature. Il suo talento vocale la introdusse al mondo del teatro, dove debuttò a Broadway nel 1921 con “Like a King”. Dopo aver recitato in teatri semiprofessionali in Pennsylvania, si trasferì in California alla fine degli anni '20 per lavorare nel cinema sonoro. La sua dizione e presenza scenica la resero ideale per i nuovi “talking pictures”, e nel 1931 fu candidata all’Oscar come miglior attrice per “Holiday”. Harding fu spesso associata a ruoli di donne belle, innocenti e sacrificanti, il che limitò le sue opportunità cinematografiche. Dopo il matrimonio con il direttore d’orchestra Werner Janssen nel 1937, recitò sporadicamente in film come “Eyes in the Night” (1942), “It Happened on Fifth Avenue” (1947) e “The Man in the Gray Flannel Suit” (1956). 



    Tornò sul palcoscenico negli anni '60 con “General Seeger” e “Abraham Cochrane”, e fece la sua ultima apparizione nel 1965 in un episodio di “Ben Casey”. Harding fu sposata con l’attore Harry Bannister dal 1926 al 1932, con cui ebbe una figlia, Jane. Il divorzio fu motivato dal desiderio di Bannister di non essere oscurato dalla fama della moglie. Il secondo matrimonio con Janssen durò fino al 1963, e Harding lo descrisse come oppressivo. Ebbe anche una relazione con lo scrittore Gene Fowler e visse con Grace Kaye, che considerava come una figlia. Morì il 1º settembre 1981 a Sherman Oaks, California, e fu sepolta al Forest Lawn Memorial Park. Harding ricevette due stelle sulla Hollywood Walk of Fame e fu celebrata con una targa al Hedgerow Theatre. Durante la sua carriera, recitò con attori del calibro di Ronald Colman, Laurence Olivier, Myrna Loy e Gary Cooper, e fu considerata una delle attrici più belle del suo tempo, nota per i suoi lunghi capelli biondi. Harding fu anche attiva politicamente, sostenendo la rielezione del presidente Herbert Hoover nel 1932.



COSA PREFERISCONO VEDERE I CANI ALLA TV ?


    Se i cani potessero fare zapping, preferirebbero i programmi con altri animali, soprattutto se abbaiano, guaiscono o ululano. È quanto emerge da una ricerca condotta da un team dell'Università di Auburn (Usa), pubblicata su Scientific Reports. Analizzando le abitudini di 453 cani di età compresa tra due mesi e sedici anni, gli scienziati hanno scoperto che il 45% degli esemplari reagisce vivacemente alla presenza di animali sullo schermo, con particolare attenzione ai versi come latrati e ululati, restando in media incollato al video per circa 14 minuti. Questione di carattere. 



    Oltre alla passione per gli "attori" a quattro zampe, le preferenze dei cani dipendono anche dalla loro personalità: i più eccitabili seguono con interesse oggetti in movimento (come la pallina di una partita di tennis), mentre i più timorosi si concentrano sui suoni improvvisi, come clacson o campanelli. Secondo gli autori, questi dati possono essere utilizzati per migliorare l'educazione dei cani domestici.



domenica 19 ottobre 2025

STORIA DEL TIRO ALLA FUNE


    Il tiro alla fune è uno sport di squadra in cui due gruppi si sfidano tirando le estremità opposte di una corda, cercando di trascinare il segnalino centrale oltre una linea prestabilita. Le origini del gioco sono antichissime e si ritrovano in civiltà come l’Egitto, la Grecia, l’India, la Cina e la Cambogia, dove aveva spesso significati rituali e militari. In Cina, durante la dinastia Tang, si svolgevano competizioni con corde lunghe fino a 167 metri e squadre di oltre 500 persone. In Grecia, il gioco era noto come helkystinda e serviva per allenare la forza dei guerrieri. In India, un bassorilievo del XII secolo nel Tempio del Sole di Konark raffigura chiaramente una scena di tiro alla fune. Anche in Europa il gioco ha radici antiche: in epoca vichinga era una prova di forza con pelli animali sopra fosse infuocate. Nel XVI e XVII secolo si diffuse nei giardini dei castelli francesi e britannici. Nel XIX secolo, marinai e soldati lo praticavano per migliorare la coordinazione e la forza. Il tiro alla fune fu disciplina olimpica dal 1900 al 1920 e oggi è regolato dalla Tug of War International Federation (TWIF), che organizza campionati mondiali indoor e outdoor. 



    Le squadre sono composte da otto membri e devono rispettare regole precise: non si può toccare il suolo per troppo tempo, né abbassare il gomito sotto il ginocchio. Il gioco richiede forza, tecnica e coordinazione, spesso guidate da un “driver” che dà ordini ritmici. Il peso dei partecipanti e l’attrito con il terreno sono fattori determinanti. Il tiro alla fune è presente in molte culture come rito propiziatorio o cerimoniale: in Giappone è legato ai raccolti, in Myanmar ai funerali dei monaci, in Corea ha significato divinatorio. In Indonesia è popolare durante le celebrazioni nazionali. In alcune varianti, come in Polonia, si gioca con barche, mentre negli Stati Uniti esistono versioni con corde a otto maniglie. Il gioco è praticato anche in contesti scolastici e universitari, come il Puddle Pull della Miami University. Nonostante la sua apparente semplicità, il tiro alla fune può comportare gravi rischi: la rottura della corda sotto tensione può causare amputazioni e lesioni gravi. Per questo esistono corde appositamente progettate per resistere alle forze generate. Il tiro alla fune, pur non essendo più disciplina olimpica, rimane un’attività diffusa e significativa, sia come sport competitivo che come espressione culturale.




STORIA DEL CAVALLINO RAMPANTE


    Lo stemma del Cavallino Rampante ha origini militari e simboliche che risalgono alla figura di Francesco Baracca, asso dell’aviazione italiana nella Prima Guerra Mondiale. Baracca, nato nel 1888, era ufficiale del 2° Reggimento “Piemonte Reale Cavalleria”, il cui emblema era proprio un cavallo rampante argenteo su campo rosso. Quando divenne pilota, Baracca adottò il cavallino come simbolo personale, dipingendolo sul fianco del suo aereo Nieuport 17, modificandone l’aspetto: nero, con la coda alzata e rivolto verso sinistra. Il cavallo rappresentava forza, eleganza e spirito combattivo, qualità che Baracca incarnava nei cieli. Dopo la sua morte in combattimento nel 1918, il simbolo rimase legato alla sua memoria. Nel 1923, durante il Gran Premio del Circuito del Savio, Enzo Ferrari vinse la sua prima gara. In quell’occasione, la madre di Baracca, la contessa Paolina, si avvicinò al giovane pilota e gli propose di adottare il cavallino come portafortuna per le sue auto da corsa. 



    Ferrari accettò e nel 1929, con la fondazione della Scuderia Ferrari, il Cavallino Rampante divenne il logo ufficiale. Ferrari apportò alcune modifiche: lo sfondo divenne giallo, colore della città di Modena, e furono aggiunte le lettere “S F” (Scuderia Ferrari) e i tre colori della bandiera italiana. Da allora, il Cavallino Rampante è diventato uno dei simboli più iconici al mondo, sinonimo di velocità, prestigio e passione automobilistica. È presente su tutte le vetture Ferrari, dalle monoposto di Formula 1 alle auto stradali, e ha contribuito a costruire l’identità visiva del marchio. Il legame tra Baracca e Ferrari è celebrato anche nel Museo Francesco Baracca a Lugo, dove si ripercorre la storia dell’aviatore e la nascita del simbolo. Il Cavallino Rampante non è solo un logo, ma un’eredità di coraggio e innovazione che ha attraversato epoche e discipline, dall’aeronautica alla competizione automobilistica, mantenendo intatto il suo fascino e la sua potenza evocativa.




OMICIDI IRRISOLTI: OMICIDI AL CHIARO DI LUNA (1946)

    Tra febbraio e maggio del 1946, la città di Texarkana, situata al confine tra Texas e Arkansas, fu teatro di una serie di attacchi violenti noti come i “Texarkana Moonlight Murders”. In un periodo di dieci settimane, un aggressore sconosciuto, soprannominato dalla stampa “Phantom Killer”, attaccò otto persone, uccidendone cinque. Le aggressioni avvennero di notte, prevalentemente nei fine settimana, e colpirono coppie appartate in zone isolate. Il primo attacco avvenne il 22 febbraio: Jimmy Hollis e Mary Jeanne Larey furono aggrediti mentre erano in auto; Hollis fu gravemente ferito alla testa, mentre Larey fu picchiata e aggredita sessualmente. Il secondo attacco, il 24 marzo, vide l’omicidio di Richard Griffin e Polly Ann Moore, trovati morti nella loro auto. Il 14 aprile, Paul Martin e Betty Jo Booker furono uccisi: i loro corpi furono trovati a distanza di chilometri l’uno dall’altro, entrambi uccisi con una pistola calibro .32. Il 3 maggio, Virgil Starks fu assassinato nella sua casa con colpi di fucile calibro .22; sua moglie Katie fu ferita ma riuscì a sopravvivere. 



    Gli attacchi generarono un’ondata di panico: i cittadini si armarono, barricarono le case e la città divenne un luogo teso e pericoloso. Le indagini coinvolsero autorità locali, statali e federali, ma non portarono a un arresto definitivo. Il principale sospettato fu Youell Swinney, un ladro d’auto con precedenti penali, la cui moglie lo accusò dei crimini per poi ritrattare. Nonostante le prove circostanziali e le confessioni iniziali della donna, Swinney non fu mai processato per omicidio, ma incarcerato per altri reati. Altri sospetti furono indagati, tra cui un prigioniero di guerra tedesco evaso, un venditore di sassofoni e un giovane che si suicidò lasciando una presunta confessione. Tuttavia, nessuna prova definitiva collegò questi individui ai delitti. Il caso rimase irrisolto, alimentando miti e leggende locali, ispirando anche il film del 1976 “The Town That Dreaded Sundown”. L’identità del Phantom Killer resta tuttora sconosciuta, e il mistero continua ad affascinare storici e appassionati di cronaca nera.



venerdì 17 ottobre 2025

80° ANNIVERSARIO FONDAZIONE DELLA CONFCOMMERCIO

 

    Il francobollo italiano emesso il 24 settembre 2025 e dedicato a Confcommercio – Imprese per l’Italia rientra nella serie tematica “Le eccellenze del sistema produttivo e del Made in Italy”. Stampato dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A. in rotocalcografia, utilizza quattro colori su carta bianca patinata neutra, autoadesiva con imbiancante ottico. Il bozzetto è stato realizzato da Francesco Rossi. Il valore facciale corrisponde alla tariffa B, pari a 1,30 euro, e la tiratura è di 200.025 esemplari, distribuiti in fogli da 45 unità. La vignetta raffigura il profilo dell’Italia, emergente in bianco da uno sfondo blu, arricchito da una composizione tipografica che include parole chiave rappresentative dei settori di attività di Confcommercio: commercio, turismo, servizi, trasporti, cultura, professioni. In alto campeggia il logo dell’organizzazione, mentre una fascia tricolore suggella la composizione grafica. Completano il francobollo la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”, rendendolo un prodotto filatelico di forte impatto visivo e simbolico, pensato per celebrare un’importante istituzione del tessuto economico nazionale. 



    La celebrazione del francobollo è legata all’ottantesimo anniversario della fondazione di Confcommercio, nata nel 1945 per rappresentare e tutelare gli interessi delle imprese del terziario. L’emissione filatelica riconosce il ruolo centrale che l’organizzazione ha avuto nello sviluppo economico e sociale dell’Italia, promuovendo il commercio, il turismo, i servizi e le professioni. Confcommercio è oggi la più grande rappresentanza d’impresa in Italia, con milioni di associati che operano in settori strategici per la crescita del Paese. Il francobollo intende valorizzare il contributo quotidiano degli imprenditori che animano le città, generano occupazione e innovazione, e rafforzano il tessuto produttivo nazionale. La cerimonia di presentazione si è svolta presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, alla presenza del ministro Adolfo Urso, del presidente Carlo Sangalli e di numerosi rappresentanti istituzionali, sottolineando il valore simbolico e culturale dell’emissione filatelica come strumento di memoria e riconoscimento pubblico.



LOUIS ANTOINE DE BOUGAINVILLE (1729-1811)

 

    Louis Antoine de Bougainville, nato a Parigi nel 1729, fu un ufficiale militare e esploratore francese di grande rilievo nel XVIII secolo. Dopo aver studiato filosofia e matematica all'Università di Parigi, dove fu allievo di Jean le Rond d’Alembert, pubblicò un trattato sul calcolo integrale che gli valse l’ammissione alla Royal Society di Londra. Iniziò la carriera militare nel corpo dei moschettieri e partecipò alla Guerra dei Sette Anni in Canada, distinguendosi in battaglie come Fort Oswego e Fort William Henry. Fu ferito a Fort Carillon e, dopo la caduta di Québec, tornò in Europa per negoziare il trattato di pace. Nel 1763, Bougainville organizzò a proprie spese una spedizione per colonizzare le Isole Falkland con Acadiani deportati, fondando Port Louis. Tuttavia, per motivi diplomatici, fu costretto a cedere la colonia alla Spagna nel 1767. Nel 1766 ricevette l’autorizzazione da Luigi XV per circumnavigare il globo, diventando il primo francese a compiere tale impresa. 



    Partì con le navi Boudeuse e Étoile, accompagnato da naturalisti, geografi e il botanico Philibert Commerson, che diede il nome Bougainvillea alla pianta da lui scoperta. Tra l’equipaggio vi era Jeanne Barret, prima donna a circumnavigare il mondo, travestita da uomo. Durante il viaggio, Bougainville visitò Tahiti, Samoa, Nuove Ebridi, le Isole Salomone e la Nuova Irlanda, evitando scontri con popolazioni ostili. Rientrò in Francia nel 1769 con solo sette morti su 340 uomini, un risultato eccezionale. Portò con sé un tahitiano, Ahutoru, che fu presentato alla corte francese ma morì di vaiolo nel viaggio di ritorno. Bougainville pubblicò il resoconto del viaggio nel 1771, influenzando il pensiero utopico di Rousseau e Diderot. Partecipò alla Guerra d’Indipendenza americana, distinguendosi nelle battaglie di Chesapeake e Saintes. Fu promosso viceammiraglio e senatore sotto Napoleone. Morì nel 1811 a Parigi, dove è sepolto al Panthéon. A lui sono dedicati l’isola di Bougainville in Papua Nuova Guinea, il fiore Bougainvillea e numerose navi della marina francese.




ANN DVORAK (1911-1979)

 

    Ann Dvorak, nata Anna McKim il 2 agosto 1911 a New York, fu un’attrice americana di teatro e cinema. Figlia unica della diva del muto Anna Lehr e del regista Edwin McKim, debuttò nel cinema a soli cinque anni nel film Ramona (1916), accreditata come “Baby Anna Lehr”. Dopo alcuni ruoli da bambina, interruppe la carriera per poi riprenderla negli anni ’20 come assistente coreografa alla MGM. Iniziò a comparire in film come comparsa, finché l’amica attrice Karen Morley la presentò al produttore Howard Hughes, che la lanciò come attrice drammatica. Ottenne successo in film pre-Code come Scarface (1932), dove interpretava la sorella di Paul Muni, Three on a Match (1932), The Crowd Roars (1932) e Sky Devils (1932). Elegante e raffinata, fu una delle protagoniste femminili più apprezzate della Warner Bros. negli anni ’30. A 19 anni fuggì con l’attore inglese Leslie Fenton, suo co-protagonista in The Strange Love of Molly Louvain, e si sposarono nel 1932. 



    La lunga luna di miele violò il suo contratto con lo studio, causando dispute legali e la scoperta che guadagnava quanto il bambino che interpretava suo figlio. Dopo la sospensione, lavorò come freelance, ma la qualità dei ruoli diminuì. Recitò nel ruolo di Della Street in The Case of the Stuttering Bishop (1937) e, con Fenton, si trasferì in Inghilterra dove guidò ambulanze e recitò in film britannici durante la guerra. Tornata negli USA, apparve in Abilene Town (1946) e Out of the Blue (1947), dimostrando versatilità anche nella commedia. Nel 1948 debuttò a Broadway in The Respectful Prostitute. Dopo il divorzio da Fenton nel 1946, sposò il ballerino russo Igor Dega nel 1947, ma il matrimonio durò solo due anni. Nel 1952 si ritirò dal cinema dopo aver sposato Nicholas Wade, con cui visse fino alla sua morte nel 1975. Non ebbe figli. Nel 1959 si trasferì alle Hawaii, dove morì di cancro il 10 dicembre 1979 a Honolulu. Le sue ceneri furono sparse al largo di Waikiki Beach. Nel 1960 ricevette una stella sulla Hollywood Walk of Fame per il suo contributo al cinema.