mercoledì 1 ottobre 2025

ALBERTO SPADOLINI (1907-1972)


    Alberto Spadolini, detto Spadò, nacque ad Ancona il 19 dicembre 1907 e mostrò presto un temperamento eclettico che lo portò, giovanissimo, da Ancona a Roma dove lavorò come aiuto-scenografo al Teatro degli Indipendenti diretto da Anton Giulio Bragaglia; fu allievo di Giorgio De Chirico e si inserì nel vivace circuito delle avanguardie, frequentando intellettuali come Alberto Moravia e Ivo Pannaggi. Dotato di forte presenza scenica e notevole bellezza, debuttò come attore alla fine degli anni Venti e negli anni Trenta si trasferì a Parigi dove costruì una carriera cosmopolita: danzò con Serge Lifar e condivise il palco con artiste come Mistinguett e Joséphine Baker, con la quale intrecciò una relazione intensa e pubblica; fu apprezzato anche come pittore, scultore, cantante, coreografo, illustratore, sceneggiatore e regista di documentari, esponendo in numerose rassegne europee e ricevendo l’attenzione di critici e artisti come Max Jacob e Jean Cocteau. 



    Durante la Seconda Guerra Mondiale partecipò ad attività di supporto alla Resistenza antinazista e, nel dopoguerra, proseguì la produzione artistica mantenendo vivi i legami con la scena francese e italiana: nei suoi quadri ricorrono riferimenti alla danza, all’esoterismo e ai paesaggi marchigiani come il Conero. Negli anni successivi si dedicò anche al restauro e alla direzione di locali notturni sulla riviera adriatica; alcune testimonianze e ricerche attribuiscono a Spadolini attività d’intelligence a favore dei servizi occidentali, con racconti sul trasporto di codici nascosti nelle sue opere. Continuò a esibirsi e ad esporre fino ai primi anni Settanta; le ultime mostre documentate risalgono al 1972 a Parigi e Stoccolma. Morì a Parigi il 17 dicembre 1972, lasciando un archivio e un corpus di opere riscoperti e valorizzati a partire dagli anni Duemila, che hanno rivelato la complessità di un artista che fu insieme danzatore, pittore e figura leggendaria della vita mondana e culturale europea.




EDWARD G. ROBINSON (1893-1973)


    Edward G. Robinson, nato Emanuel Goldenberg a Bucarest nel 1893 e immigrato a New York nel 1904, fu un attore di teatro e cinema tra i più versatili dell’età d’oro hollywoodiana; iniziò sul palcoscenico e in oltre 30 produzioni di Broadway e più di 100 film costruì una carriera cinquantennale che lo rese celebre per i ruoli da duro e gangster ma anche per interpretazioni più sfumate. Dopo studi alla City College e all’American Academy of Dramatic Arts cambiò il nome in Edward G. Robinson; debuttò nel cinema muto e raggiunse il successo con Little Caesar (1931), che lo impose come icona della malavita cinematografica e gli valse un contratto con la Warner Bros.; in seguito alternò gangster movie, drammi e commedie lavorando con registi come Mervyn LeRoy, Howard Hawks e John Ford1. Durante gli anni ’30 e ’40 si distinse anche per l’impegno politico: antifascista e antinazista, donò somme rilevanti a organizzazioni di soccorso e partecipò a iniziative di propaganda e intrattenimento per le truppe e le popolazioni europee, parlando in più lingue per emittenti alleate. 




    Durante la Seconda Guerra non poté arruolarsi per l’età ma fu nominato rappresentante speciale dall’Office of War Information e fu tra i primi divi a recarsi in Normandia per sostenere i soldati. Negli anni Cinquanta fu indagato dalla HUAC e “grigio-listato” dopo aver ammesso di essere stato “ingannato” da persone vicine a organizzazioni ritenute filocomuniste; pur non risultando comunista, la vicenda ne limitò le opportunità lavorative, e per un periodo recitò in film di minore budget e numerose produzioni televisive1. Riconosciuto come grande caratterista, interpretò ruoli memorabili in Double Indemnity, The Ten Commandments, Key Largo e il suo ultimo film Soylent Green; morì nel 1973 a Los Angeles per un tumore alla vescica e postumo ricevette un Oscar onorario e altri riconoscimenti che sottolinearono la sua influenza sul cinema classico americano.