Giacomo Balla nacque a Torino il 18 luglio 1871 e morì a Roma il 1º marzo 1958; figlio unico di una sarta e di un chimico appassionato di fotografia, rimase orfano del padre a nove anni e si formò all’Accademia Albertina studiando prospettiva, anatomia e composizione geometrica, interessandosi fin dalla giovinezza anche alla fotografia e alla musica; dopo i primi esordi espositivi a Torino si trasferì a Roma nel 1895 dove adottò la tecnica divisionista e divenne maestro e punto di riferimento per allievi come Boccioni, Severini e Sironi. All’inizio del Novecento realizzò ritratti e scene di genere, ma a partire dal 1911 la sua ricerca si orientò al dinamismo e al movimento: scomposizioni cromatiche, linee di forza e rappresentazioni di corpi e oggetti in movimento lo avvicinarono al Futurismo, cui aderì pienamente firmando manifesti e teorie insieme agli altri protagonisti del movimento; teorizzò un’“arte totale” e sperimentò la fusione tra pittura, scultura, parola in libertà, musica dei rumori e scenografia, collaborando con Depero e curando bozzetti per balletti come Feu d’artifice dei Ballets Russes con musica di Stravinskij.
Pubblicò manifesti come Il vestito antineutrale e il Manifesto del colore, progettò arredi e “giocattoli futuristi” e trasformò abitazioni e spazi pubblici con decorazioni policrome. Negli anni Venti e Trenta mantenne visibilità anche nella scena ufficiale, firmando opere e commissioni che testimoniano l’evoluzione del suo linguaggio, mentre la sua posizione politica lo avvicinò al regime con opere celebrative; in tarda età tornò al figurativismo. Dopo una rivalutazione postbellica le sue opere, tra cui Dinamismo di un cane al guinzaglio, entrarono in collezioni internazionali e furono esposte al MoMA; morì a Roma assistito dalle figlie ed è sepolto al Verano, lasciando un’eredità fondamentale nel passaggio dal divisionismo al Futurismo e nella modernizzazione della pratica artistica italiana.