giovedì 18 settembre 2025

STORIA DEL BUSTO DI NEFERTITI (1370-1330 A.C.)

 

    La celebre scultura policroma ritrae Nefertiti, Grande Sposa Reale del faraone Akhenaton, ed è realizzata in calcare con un sottile rivestimento di stucco dipinto. Alta 48 centimetri e dal peso di circa 20 kg, fu rinvenuta il 6 dicembre 1912 a Tell-el Amarna durante uno scavo della Deutsche Orient-Gesellschaft guidato da Ludwig Borchardt. Trovata avvolta in una cassa male illuminata, fu presentata come un modesto elemento in gesso per nasconderne il valore e facilitarne l’esportazione in Germania, dove arrivò nel 1913. Il volto, perfettamente simmetrico, mostra sopracciglia arcuate, zigomi pronunciati e collo slanciato. Indossa un copricapo blu “a coroncina” con fascia dorata e Uraeus, mentre la collana a motivi floreali aggiunge eleganza. L’occhio destro è composto da quarzo e pittura fissati con cera d’api, mentre il sinistro rimane vuoto, forse lasciato incompleto come modello didattico. 



    Sin dal 1923 analisi chimiche hanno individuato pigmenti dell’epoca amarniana: fritta azzurra, orpimento giallo, ossidi di ferro e carbone, e successive tomografie del 1992 e del 2006 hanno rivelato una fisionomia interna con rughe e imperfezioni ricoperte dallo stucco esterno, prova della cura di Thutmose. Durante la Seconda Guerra Mondiale fu spostata dalla banca prussiana a un bunker antiaereo e infine a una miniera di sale a Merkers: recuperata dagli Alleati, rimase in esposizione negli USA fino al 1956, poi divisa tra Berlino Est e Ovest. Dal 1924 è esposta al Neues Museum, oggi nel Museo Egizio del Neues Museum. Da quasi un secolo l’Egitto ne reclama la restituzione, accusando Borchardt di inganno, e Zahi Hawass ha minacciato boicottaggi culturali con campagne come “Return to Sender”. Teorie di falso, avanzate da Henri Stierlin ed Erdogan Ercivan, sono state smentite da radiografie, analisi dei pigmenti e confronto con altre opere amarniane. Icona globale di bellezza, ogni anno attira mezzo milione di visitatori, simboleggiando insieme l’eleganza antica e le tensioni postcoloniali sul patrimonio culturale.