Le Pasque veronesi furono un’insurrezione scoppiata a Verona tra il 17 e il 25 aprile 1797 contro le truppe francesi di occupazione guidate dal generale Antoine Balland su ordine di Napoleone Bonaparte. Alimentata da soprusi, confische di beni e tentativi di imporre la Repubblica giacobina nel territorio veneziano, la rivolta esplose quando un manifesto provocatorio attribuito al provveditore Francesco Battaia infiammò le folle. Dopo una rissa in un’osteria e uno sparo tra civili e soldati presso i ponti, migliaia di cittadini armati di fucili, sciabole, forconi e bastoni assalirono pattuglie e alloggi francesi, mettendo fuori combattimento oltre mille militari. Il popolo insorse con il sostegno di volontari delle cernide e di milizie attive nelle valli bergamasche e bresciane, mentre i comandanti Emilei, Bevilacqua, Maffei e Miniscalchi guidavano le azioni a Porta San Zeno, Porta Nuova, Porta San Giorgio e Porta Vescovo.
Assediato dai popolani Castelvecchio resistette alle sortite dei forti di San Felice e San Pietro finché gli insorti conquistarono cannoni e rovesciarono le artiglierie nemiche. Il provveditore Battaia tentò di negoziare con i francesi, ma il Senato di Venezia rimase inerte, impegnato nell’armistizio di Leoben con l’Austria, che di fatto consegnò la Lombardia ai francesi. Alla fine aprile circa 15.000 soldati napoleonici circondarono Verona, soffocarono la rivolta il 25 aprile e inflissero pesanti ammende, razzie di opere d’arte e prigionie per quasi duemila civili. L’episodio accelerò la caduta della Repubblica di Venezia e generò un acceso dibattito storiografico che si protrae ancora oggi.