Nel 1939 e 1940 la New York World’s Fair trasformò 486 ettari di Flushing Meadows–Corona Park, nel Queens, in un’epopea di innovazione. Ideata da Robert Moses e inaugurata il 30 aprile 1939 con il motto “Dawn of a New Day”, si articolava intorno a due emblemi, il Trylon e la Perisphere, e a sette aree tematiche: Amusement, Government, Transportation, Food, Communications & Business Systems e Industrial Pavilions. I 375 padiglioni, gestiti da 62 nazioni, 35 stati e oltre 1.400 aziende, ospitavano futuristici modelli urbani (Futurama di GM), la prima televisione a colori di Westinghouse, la Time Capsule destinata ai posteri e prototipi di razzi e aerei supersonici. In mostra anche innovazioni tessili come il nylon, cucine elettriche e automobili avveniristiche. Un’ampia sezione era riservata ai padiglioni nazionali, tra cui quelli di Regno Unito, Unione Sovietica, Francia e Italia, mentre gli stati americani esibivano specialità culturali e agricole. Architetti come Wallace Harrison elaborarono un design moderno e audace per gli spazi espositivi. Durante la prima stagione furono registrati 25,8 milioni di ingressi e nella seconda 19,1, nonostante lo scoppio della Seconda guerra mondiale avesse ridotto le delegazioni europee.
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martedì 9 settembre 2025
NEW YORK WORLD'S FAIR (1939-1940)
All’apertura Franklin D. Roosevelt tenne un discorso radiofonico e, poche settimane dopo, re Giorgio VI e regina Elisabetta visitarono la Fair, ribadendo il carattere globale della manifestazione. Pur costata 156 milioni di dollari, in gran parte coperti da sponsor privati, l’esposizione recuperò solo una parte degli investimenti. Al termine quasi tutti i padiglioni furono smantellati, ma la manifestazione lasciò in eredità strutture come la New York Hall of Science e contribuì alla trasformazione urbanistica del Queens. Criticata per pratiche di segregazione razziale in alcune aree ristoro e per l’impatto ambientale, la World’s Fair del ’39 ispirò l’edizione successiva del 1964 e rimane simbolo di un’epoca di ottimismo tecnologico e ambizione internazionale. Nel complesso le esposizioni offrirono un’anticipazione di tecnologie quotidiane e visionarie, caratterizzando la cultura popolare del dopoguerra e consolidando l’immagine di New York come fucina di innovazione.